Una notte da lupi: la performance del gruppo teatro
UNA NOTTE DA LUPI
Attori e interpreti si sono ‘esposti’ – mostrando coraggio, determinazione, affiatamento - in una performance finale che ha avuto un pubblico intimo ma entusiasta. Inconfondibile con il suo cappuccio rosso, la ‘bambina’ che tanto innocente poi non è: ad interpretarla Natasha Abate. Accanto ha il cacciatore: ne veste i panni Marco Poggi, dalla recitazione naturale. Il lupo qui non è il cattivo della storia, ma anzi mostra responsabilità quando qualcuno (in apparenza il buono) gli propone un atto illecito. Lo interpreta Letizia Baino. Il papà di Cappuccetto è l’autorevole, deciso, muscolare Mychael Fokou. E la nonna? È interpretata da Sofia Grillo: se non fosse per quella cuffia da notte in testa, non capiremmo che è una vecchina. In realtà mostrerà infatti tanta energia e spirito di ribellione.
‘Lui’ ed ‘egli’: sono Filippo Cerbara e Davide Callegari, capaci di dominare la scena con le loro incursioni surreali e divertenti, vestendo i panni volta a volta di Capitan Uncino e Spugna, dei porcellini e dei nani di Biancaneve.
Nella pièce finiscono ‘pezzi’ di favole di infanzia, shakerati con il linguaggio dei giovani ed i loro ‘pezzi’ di vita: il ballare insieme fino a tarda notte, il risveglio traumatico la mattina dopo, i social che mettono alla gogna presunti colpevoli. Non mancano riferimenti al film “Una notte da Leoni”, in cui – dopo una notte brava – i personaggi devono ripercorrere i loro passi per scoprire cosa è accaduto.
Cruciale il ruolo dell’investigatore, interpretato da Rebecca Arcari, che interroga e incalza i testimoni, inducendoli a dire ciò che non vorrebbero. La ragazza dei cartelli, che ci segnala il passaggio da un round all’altro, è Giulia Calzi: la sua grazia accompagna la divisione in ‘capitoli’ della storia. Alex Morelli è il giornalista (molto credibile nella parte), che strappa l’applauso a scena aperta prima del capitolo finale.
Massimo Boschi e Andrea Gherri, settimana dopo settimana, hanno saputo trascinare i nostri studenti, guidarli lungo il filo della riflessione personale, farli uscire da se stessi per incontrare gli altri e mettersi in comunicazione con il pubblico.
La cavea della scuola va migliorata in acustica, luci, isolamento. Ma la magia del teatro sta in questo. Lo si può fare ovunque. Basta un patto col pubblico: sospendete il principio di realtà, fate finta che qui ci sia un bosco, una casa, entrate con noi nella finzione. Vi rivelerà qualcosa di voi.
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